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Lettera di Wilhelmina Goethe

Blitzkrieg

Giorno 23° del Mese del Drago 1123

 

Vostra Signoria, 

ho ritenuto doveroso farvi giungere questa Mia per metterVi a parte di quanto è stato ottenuto con il Vostro aiuto ed esprimerVi i miei personali ringraziamenti per aver accettato di mettere a rischio la Vostra vita per il mio popolo e la mia terra. 

 

Lo scorrere dei giorni dopo i fatti di Hetemit ha, grazie ai Nove, visto accadere ciò che speravamo. 

 

La famiglia Schwartzdome, che aveva eletto a proprio centro di comando uno dei loro castelli sicuri fra le colline a Nord di Holsten, è stata avvisata in tempi brevi della caduta della Fortezza, probabilmente dai pochi riusciti a fuggire. Non sappiamo per certo cosa sia accaduto successivamente, ma, dal giorno alla notte, le loro truppe hanno smesso di combattere. Nessuna traccia degli Übermensch, solo disordinate masse di soldati comuni che, reinfoderate le armi, hanno semplicemente iniziato ad andarsene dal fronte.

 

Le nostre truppe e quelle dell’Impero dei Due Mari hanno preso il controllo del Principato di Schwartzdome quasi senza dover combattere, mentre il Principe ha chiesto ed ottenuto colloqui diplomatici per la resa. 

 

Neumann era rimasto solo. 

 

E’ difficile per me immaginare cosa debbano aver pensato e provato nel quartier generale di quello che ora era il nostro unico nemico, ma la cronaca ci racconta, se non altro, parte delle loro azioni. 

 

Le truppe di Neumann hanno deciso di continuare a combattere anche dopo la resa di Schwartzdome. Stretto nella morsa che ormai lo cingeva da ogni direzione il Duca ha, non so con quali incentivi o mezzi, convinto i suoi a non cedere. I nostri eserciti si sono trovati davanti a prime linee compatte di Übermensch, forse tutti quelli addestrati sino ad allora, che hanno dato battaglia fino al loro ultimo respiro…. ma ogni cosa ha una fine, anche la forza di quei soldati. 

 

I nostri eserciti hanno avanzato, facendosi strada con la forza in una resistenza priva di ragione, senso e speranza, fino alla capitale. Credevamo Neumann fosse lì. Ogni rapporto ed informatore dava per certa la sua presenza al palazzo ducale fortificato, ma nelle sue sale di lui e della sua cerchia ristrettissima di familiari e pochi consiglieri nessuna traccia. 

 

Lo cercheremo e probabilmente lo troveremo un giorno, ma oggi ammetto di non essere certa che sia una sfortuna non averlo ora nelle nostre mani. Spesso si sente ripetere “La Guerra crea mostri” e temo che, anche quando a farla sono persone animate dalle migliori intenzioni ed ideali, sia vero. Avessi Neumann alla mia mercé ora riuscirei ad agire con la saggezza e logica che la Divina Galtea raccomanda? O la ragione che dovrebbe guidare le mie azioni sarebbe offuscata dalla rossa lente delle emozioni, dell’istinto e della rabbia suscitate dai tanti anni di lotta? 

 

Non desidero ricordare la cruda violenza di queste ultime battaglie, sono certa a breve i rapporti dei nostri generali sui numeri dei caduti, prigionieri, feriti e uomini che porteranno per sempre i segni e il peso degli scontri, mi leveranno dagli occhi il velo di rifiuto, ma a quel punto avrò a che fare con numeri e statistiche ed il sangue avrà ripreso un significato meno crudele nella mia mente. Sono pur sempre Galteita del resto, sarebbe sconveniente ammettere per troppo tempo che la conoscenza celata, in certi momenti della propria vita, è una benedizione. 

 

Ora che tutto è finito posso permettermi il lusso di riflettere su cosa debbano aver provato i nostri soldati ed i loro in questi anni e in quelle ultime battaglie. Fratelli, cugini, uomini dello stesso sangue e guerrieri che fino a pochi anni fa servivano sotto la stessa bandiera, quella dell’Impero Teutone, pronti a massacrarsi, a uccidersi e dilaniarsi a vicenda per la fedeltà al proprio signore di questa epoca, per l’idea di futuro della propria terra che ritenevano giusta o, come nel mio caso, posso ammetterlo, per puro spirito di ribellione ad un’imposizione di religione e cultura che non sentivo, e non sento, mia. 

 

Tendo a voler relegare a mere considerazioni di freddo calcolo che anche le mie azioni, e quelle degli altri che come me non hanno impugnato armi, non sono state meno letali di un colpo di spada. Un giorno forse verrò a patti, l’intera mia terra verrà a patti, con quanto è stato fatto in questa guerra, ma ci vorrà tempo. Molto tempo. 

 

Non rimpiango di aver combattuto. Non rinnego nulla di questi anni e, per quanto concerne Voi, non posso fare altro che tentare di salvare quanto di buono ho vissuto. Conoscere meglio, anche attraverso Voi, nuove genti, popoli diversi e una varietà tanto armonica di pensieri, saggezza e spontanea amicizia mi fa pensare che il mio scegliere di oppormi a chi voleva schiacciare tutti alla sua idea sia stata la cosa giusta da fare. 

 

Avete l’arrivederci riservato alle persone care dalla Teutonia, dal mio popolo e mio.

 

Possa la benedizione dei Nove non abbandonare mai la vostra esistenza.

 

Wilhelmina Goethe