Un testo inizia rapidamente ad apparire nelle locande e nelle piazze intorno a Shildia, spargendosi con incredibile velocità
“XVI giorno del mese del Drago 1125
Sono scappato.
Non so come, ma ci sono riuscito: i miei compagni mi avranno dato del disertore, io preferisco definirmi un testimone.
Testimone di un momento buio nella storia di Elempos, una pagina scritta col sangue.
Io sono Artois e scrivo queste pagine da Valmossa, dopo essere miracolosamente riuscito ad attraversare i monti, passando per un sentiero periglioso e dimenticato.
Avevamo preso nuovamente l'accampamento militare, ma i maledetti eretici ci hanno schiacciato da più lati ed abbiamo dovuto ritirarci alle miniere. Lungo la strada i miei compagni raccontavano di atrocità compiute dai fedeli dei Nove: mi hanno parlato di una mezz'elfa matta come un cavallo che correva tra i boschi sbranando ogni persona che incontrava, senza rispetto per i morti. Storie di un non morto che ha ucciso donne e bambini disarmati, con la complicità di alcuni fanatici assassini, sebbene altri sembra abbiano tentato di fermare quella atrocità, fallendo.
Eretici terroristi che hanno distrutto una diga al solo scopo di affogare più gente possibile, non importa chi fossero.
Ho avuto paura.
E come potrei non averne avuta? Di fronte avevamo gente che non aveva la minima cura della vita altrui e propria: hanno mandato ondate su ondate di uomini a morire fino alla nostra sconfitta. Chissà se tutti quei soldati caduti sapevano della crudeltà dei loro capi, che li usavano come pedine dal loro centro di comando alla dogana.
Le miniere dicevano essere un posto sicuro, ma io non mi fidavo e sono scappato.
Ho iniziato ad inerpicarmi sulle rocce, avevo troppa paura dei boschi e di quella lì: il percorso è stato tortuoso e periglioso, ma è così che ho scoperto l'imbocco di quel sentiero abbandonato.
Mi sono preso del tempo per tirare il fiato e riposare, ma mentre le mie membra si riprendevano, il mio cuore rimaneva in apnea di fronte a ciò che mi si dipanava di fronte: la sera della valle illuminata da centinaia di fiaccole, che si avvicinavano verso l'ingresso della miniera e poi la fine. Massenzia la carnefice era scesa in campo con quei fanatici raleossiti di Angamor e dell'Impero, che incutevano quasi più timore: lei è terrificante, ma è una sola; gli altri sono tutti matti. Tutti.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo gonfio di lacrime: volevo fuggire, ma al tempo stesso non potevo disonorare ulteriormente i miei, ormai ex compagni, voltando il capo. Una volta spentosi il suono della guerra, mi sono trascinato via, svuotato di tutto: ho errato lungo il sentiero pregando la Fiamma per la salvezza ed essa ha illuminato la mia via con le prime luci dell'alba.
Ero a Valmossa.
Ho cambiato i miei abiti ed ho abbandonato il sacro rosso, perché questo mio racconto potesse giungere a voi, perché tutti sapessero delle atrocità dei Nove.
Perché la memoria rimanesse viva.
Vi chiedo solo una cosa: spargete la voce, copiate questo mio racconto ed affiggetelo ovunque.
Possono spezzarci, possono ucciderci, ma non potranno mai spegnerci: proprio come una fiamma, lasciate che la fede divampi!
Artois”
La missiva di un soldato Elaviano, morto al fronte, è divenuta ormai testimonianza pubblica del sacrificio dell'esercito nella riconquista di Val Canal.
"Mia amata Letizia,
Ti scrivo questa mia mentre siedo sul campo dell'ultima vittoria: abbiamo ripreso questo accampamento militare improvvisato per la seconda volta. Questi maledetti fanatici sono dei pazzi indemoniati: combattono con la violenza di chi crede di avere la verità dalla propria, ma sono solo dei pazzi e Raleos mi sia testimone, porremo fine a questa follia.
Giungono notizie dal campo degli avventurieri: sembra che i capi della ribellione fiammista siano caduti, adesso non resta altro che porre fine a questa lurida invasione andando alle miniere. Sono tutti lì, asserragliati e pronti ad ucciderci tutti, come se non avessero mietuto abbastanza vite: ogni passo che abbiamo conquistato è costato sangue e vite. Anche Girolamo non ce l'ha fatta, ma ha reso onore a Kenthar nella conquista dell'edicola: la sua azione eroica ha ribaltato le sorti dello scontro secondo me.
Ma adesso finirà: Massenzia in persona è scesa per porre termine al conflitto. C'è stato del dissapore coi generali: io gli uomini d'onore non li capisco, le guerre si vincono sconfiggendo l'avversario ad ogni costo, non con la virtù.
Non vi è alcun senso nell'essere onorevoli con chi converte le persone contro la propria volontà, con chi distrugge famiglie intere: vanno prevaricati, come gli Dei ci hanno detto.
Quel cavaliere raleossita, Aurelio, ha detto bene: chiunque ci si oppone deve assaggiare l'ira divina e questi hanno impugnato le armi.
Non c'è resa: o vittoria o morte in gloria ai Nove.
Stasera finirà e potrò tornare a casa da te entro breve e potrò riabbracciare nostra figlia: sapervi al sicuro mi convince ancor di più di esser nel giusto.
Lottiamo per proteggerli dal male ed assicurare un futuro migliore, per lei e per tutti gli altri figli d'Elempos.
Per sempre tuo,
Rolando"