Dal resoconto incompleto di una sacerdotessa di Galtea.
Tutto è cominciato con un terremoto.
I Nove ci salvino, ho pensato, la terra ci ingoierà ancor prima di aver estratto le lame.
Poi, da ogni crepa del terreno, tentacoli d’ombra, migliaia di neri aghi, sono fuoriusciti infilzando la cupola dinnanzi a Placentia e un’enorme colata di lava ha iniziato a risalirla, eruttando proprio dalle sue fondamenta, quietandosi solo dopo averla completamente avvolta.
Un gelo innaturale si è fatto largo nelle nostre carni ma ancora una volta il timore per le nostre vite ha lasciato posto al rinnovato stupore di assistere al gelarsi di quella lavica copertura, che parea divenuta di vetro.
Dalla cerulea limpidezza del cielo invernale, inaspettato un fulmine, una saetta grande quando la testa d’un ariete d’assedio, si è schiantata sulla cupola provocando un accecante bagliore.
Come pioggia di pollini dorati, scintille di luce sono cadute sulla città, posandosi su di essa e svanendo come morenti braci.
La cupola era caduta.
La guerra di Placentia aveva davvero avuto inizio.
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Mi sono svegliato ancora intorpidito, nell'ospedale da campo.
Il guaritore mi spiega subito tutta la situazione, ma non ce n’è bisogno.
Nella mia mente sono ancora impressi i volti deformati dei miei commilitoni, mentre quella nube verde scioglieva loro i muscoli e della la mia mano che cercava di afferrarli, di estrarli da quella trappola maledetta in cui eravamo caduti. Il dolore per me è stato assurdo, totale, ma è durato solo un istante. Posso solo sperare che per gli altri sia stato altrettanto.
Mi spiega perché non sono riusciti a rigenerare il mio braccio e non sanno se potranno farlo in futuro.
Lo ascolto con le mani conserte: la mente ancora fatica a comprendere che quella parte di me non c'è più.
Mi mette una mano sulla spalla ma istintivamente mi ritraggo.
Mi dice di non preoccuparmi e che sarò rimandato presto a casa, a Limes.
Ma a fare cosa? A cosa serve un soldato, un contadino, un artigiano con un braccio solo?
Che Eladiel mi aiuti o Acron mi prenda, perché non mi rimane alcun futuro.
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Cara mamma
Ogni lettera che vergo su questa pergamena è per me un macigno del peso di una montagna.
Nicola si è sacrificato eroicamente per salvarci tutti, ed ha portato con se ben due flamule.
Ma purtroppo non ce l'ha fatta.
Mi dispiace mamma, io sono il maggiore, avrei dovuto proteggerlo, ma ero troppo, troppo lontano.
Perdonami mamma.
Ma sappi che se non fosse stato per lui e per la sua decisione di sacrificarsi insieme ai suoi commilitoni, con molta probabilità oggi piangeresti due figli e non soltanto uno.
È stato un eroe, mamma. È un eroe.
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Cara Lina
Spero che questa lettera ti trovi bene.
Il fronte è esattamente come me lo aspettavo e devo dire che mi trovo molto più a mio agio qui che in accademia. Comunque una piromante nelle file degli assedianti fa sempre comodo.
Gli avversari sono ossi duri, ma non possono resistere alla combinazione dei miei potenti incanti e della lama del tenente Wedge, forgiata col nostro sfavillante ferro freddo.
Anche se, devo ammetterlo, questo posto sembra un accesso per i nove inferi: le flamule sono truppe tremendamente ben addestrate e implacabili, ognuna di loro vale ben più di un nostro veterano. E sai cos’hanno fatto gli alchimisti? Quei porci hanno mandato degli innocenti verso di noi, disarmati, che parevano volersi arrendere; quando alcuni dei nostri si sono avvicinati, gli alchimisti li hanno fatti esplodere, massacrando una decina di sodati. Usano la popolazione come arma umana, da non credere. E non credo che avresti retto al mio posto e te lo dico senza lanciarti alcuna sfida. Quando ho visto quei corpi carbonizzati, per un attimo ho potuto vedere la tua figura in lacrime che cercava di rianimarli.
Se tu fossi stata qui non te lo saresti perdonato, anche se non avresti potuto farci nulla.
Hai fatto bene a non venire.
Ma questo mi porta a quanto sento in dovere di dirti, prima che sia troppo tardi.
Lina, tu non avresti potuto fare nulla per trattenermi in accademia. Sai che la mia natura è di stare sul campo, di combattere, perché sono fatta così e perché non riesco a pensare che possa esserci un dialogo con questi maledetti.
E sappi che anche io ti amo, mio piccolo ghiacciolo. Ma se non dovessi tornare indietro voglio che tu vada avanti, che non ti perda nella spirale di vendetta.
Non è colpa tua Lina, semplicemente non avresti potuto fare nulla per trattenermi
Ti amo
La tua dolce brace, Natalia