Diario del Capitano John Smith, Sette dello Scorpione MCXXIV
E così siamo in vista della preda.
Le onde si sono fatte più alte e i venti ruggiscono intorno a noi, ma la belva nascosta sotto la superficie è finalmente emersa. Ed è colei che ci ha accuditi per tutti questi anni: Candy.
Nientemeno che la dolce signora che ci avvolgeva in una calda coperta mentre noi ci crogiolavamo nelle nostre miserie.
Maledetto vecchio cieco, come hai fatto a non vedere la strega gialla della gelosia dietro la rosea dispensatrice di leziosità e dolcetti?
Ma non ho intenzione di aggiungere un altro rimpianto alla lista. Spero che gli ospiti, dopo aver smosso la sabbia del fondo, possano affondare l'arpione nel cuore del mostro.
Prego tutti gli dèi affinché riportino il ragazzo tra le braccia della sua famiglia: Harald, degno figlio del Padrone; la sua splendida moglie Alexandra; e la dolce Anya, la piccola orfanella che si è rivelato essere la sorella perduta del ragazzo.
Posso comprendere l'invidia della megera.
È stato un colpo rivedere il volto del vecchio Padrone, e ancora più doloroso è stato non poter chiedere il suo perdono.
E mentre medito la mia vendetta, non posso fare a meno di pensare ai miei compagni di cella, una cella rosa e confortevole che nasconde un orrore indicibile.
Maurice e Henrì, forse i più colpiti dalla maledizione: un orologiaio senza più tempo da contare e un fuochista incapace di sopportare il buio. Le vostre menti sono state messe alla prova fin troppo; vi auguro la serenità.
Tullio, Sinistra e Alfredo: artigiani impareggiabili con ago e filo, pozioni e profumi, legno e magia. Avete allietato i giorni dei Signori con le vostre creazioni e, che io possa bere acqua salata per lavare via la gentilezza dalla mia bocca, anche i nostri.
Persino quel pazzo di Borys e quella scioccata danzatrice di Emelda: due facce dello stesso doblone fatto di misteri e fede, fuoco e ombra, amore e odio. Oppure il mistico Ashar, con la fiamma dell'ossessione così viva negli occhi da ricordarmi me stesso da giovane. Persino loro mi mancheranno.
E incredibilmente mi mancherà quel gallinaccio starnazzante del bardo di corte, Bastiano Gallamacco. Con le sue ballate, le sue canzonette e il suo cuore così grande da invadergli il cervello.
Mi viene da ridere a pensare che alla fine tutti noi siamo terrorizzati all'idea di raccontare ad Alfreda Fish, la nostra superba cuoca, la verità su Candy. Perché siamo coraggiosi, sì, finché non si tratta di turbare la donna che maneggia il nostro cibo. Coraggiosi, forse, ma non pazzi.
Chissà perché proprio oggi scrivo queste parole vuote, dopo anni di apatia e autocommiserazione.
Forse, alla fine, cerco davvero il perdono prima che tutto si fermi, prima di lanciare l'arpione contro il mio nemico.
Ma non importa. Domani sarà il mio ultimo giorno alla Corte, e forse su questa terra, dopo otto miserabili anni di sospetti e odio.
Ho intenzione di trascinare a fondo Morgan, il mostro che ha ucciso il Padrone dall'alto della sua arroganza. E peggio ancora, che ha incatenato a un destino miserabile la piccola Adella.
Piccola. Ormai non più tanto piccola, vecchio idiota che non sei altro, John Smith. Guardi la sirenetta strappata al mare perché il maledetto Alchimista potesse avvelenare il mondo con la sua vanagloria e vedi solo la tua bambina.
Ma lei non è mia, né di Morgan. È solo di sé stessa, e del mare.
Temo dovrò mentirti, piccola stella polare. Ma avrai la tua libertà, fosse questa l'ultima decisione fatale che prendo.
Domani ammazzerò l'ambizione di quel bastardo e lo vedrò piegarsi.
Non importa il prezzo.
È il momento di barare per vincere la partita più importante della mia vita.