[Estratto dal verbale di processo CVIII, Anno MCXXVI, Tergetz]
[omissis] ...è stato quindi vincolato a proferire unicamente Verità. All'interrogazione del Prelato sulle motivazioni della sua aggressione, il Reverendo ha esposto un profondo pentimento e rammarico, asserendo di essere stato influenzato da qualche oscura arte della Strega di Roskylde ad agire negli atti e nelle intenzioni ai danni della donna.
[omissis]...ha quindi fatto richiesta di poter dimostrare la veridicità delle proprie parole e di volersi riavvicinare ad Emelda, sancendo la riappacificazione con una stretta fraterna. In seguito ad alcuni confronti con i Consiglieri, il Prelato ha deciso di accordare al Sacerdote il permesso di accostarsi all'apolide.
A parziale giustificazione di quanto avvenuto in seguito, ogni parola del Reverendo Borys appariva profondamente sincera, ed il suo rincrescimento, profondo. Per questo gli istanti successivi hanno colto impreparati tutti i presenti, ed impedito alle guardie di agire in maniera tempestiva: nell'avvolgere la donna in un abbraccio di riconciliazione, il Sacerdote è sembrato infiammarsi di un fervore ed una furia violenti quanto ineluttabili.
Tutto si è svolto in pochi attimi fatali, la catena che avrebbe dovuto bloccare le mani dell'uomo è divenuta strumento di morte. I suoi movimenti sono stati tanto rapidi e feroci da spezzare l'osso del collo della danzatrice di netto. Non vi è stata lotta o gemito, la vita della danzatrice è stata recisa con la stessa rapidità con cui un buon colpo di falce reciderebbe una rosa.
Rapida come era giunta, la forza improvvisa del Reverendo è parsa venire meno nell'istante in cui il corpo esanime della donna gli ha gravato addosso e non ha opposto alcuna resistenza sotto la minaccia di tre delle nostre picche, che solo a quel punto si erano sollevate contro l'uomo.
Un atto codardo, infine, è quanto ha compiuto quest'uomo, con menzogna ha portato a termine un piano architettato in spregio a questa Corte e financo al dettame della Sentinella. Un atto efficace, figlio di un intento sicuramente saldo e forte, ma indegno di fronte allo sguardo del Padre delle Battaglie.
Così come indegne si sono dimostrate le nostre guardie, poco più che cadetti, ma lenti e pavidi di fronte ad un secondo cambiamento nel Sacerdote.
Dopo istanti di silenzio attonito, il Reverendo ha stretto a sé il corpo esanime della donna, prorompendo in agghiaccianti risa dapprima amare e poi isteriche non dissimili dal gracchiare dei corvi sui campi di battaglia. Quelle risa hanno paralizzato i nostri picchieri, e non nego che un tremito ha attraversato anche la mia schiena: in esse ho udito la voce della follia, ed i nostri cadetti ne sono stati forse ancora più scossi, anziché esserne animati.
La loro esitazione ha reso però possibile per noi udire le ultime parole dell'imputato, sussurrate prima che si gettasse sulle picche reclamando per sè la condanna. Parole che hanno raggelato il sangue fin del più pio tra gli astanti:
"Mi hai portato via la mia amata, io ti rinnego. Nella morte, troverò la mia Redenzione"
[omissis]